06 8543713 ieopasrl@gmail.com

L’ANAC ritiene dovuto l’incentivo alle funzioni tecniche anche in caso di affidamento diretto

Affidamento diretto – Incentivi per funzioni tecniche – art. 45 d.lgs. 36/2023 – richiesta parere.
FUNZ CONS 54/2023 _ riportato parere funzione consultiva, Avv. Giuseppe Busia

In esito a quanto richiesto con nota pervenuta in data 27 luglio 2023 ed acquisita al prot. Aut.
n. 61545, ai sensi del Regolamento sulla funzione consultiva del 7 dicembre 2018, come modificato
con delibera n. 654 del 22 settembre 2021, si comunica che il Consiglio dell’Autorità, nell’adunanza
del 25 ottobre 2023, ha approvato le seguenti considerazioni.
Preliminarmente si rappresenta che esula dalla sfera di competenza di questa Autorità il
rilascio di pareri preventivi in ordine ad atti e provvedimenti delle stazioni appaltanti, nonché alla
stipula di contratti d’appalto o di concessione, fatto salvo l’esercizio dell’attività di vigilanza
collaborativa in materia di contratti pubblici ai sensi del Regolamento approvato con delibera n.
160/2022. Pertanto, il presente parere è volto a fornire un indirizzo generale sulla questione
sollevata nell’istanza, esclusivamente sulla base degli elementi forniti nella stessa.
Con il quesito proposto si chiede all’Autorità di esprimere avviso in ordine alle previsioni
recate dall’art. 45 del d.lgs. 36/2023, con riferimento alla possibilità di riconoscere gli incentivi per
funzioni tecniche al personale dell’ente, nel caso in cui il contratto pubblico sia concluso a seguito di
affidamento diretto.

Al fine di fornire riscontro al quesito posto, si richiama in primo luogo l’art. 45, comma 1, del
d.lgs. 36/2023, ai sensi del quale «Gli oneri relativi alle attività tecniche indicate nell’allegato
I.10 sono a carico degli stanziamenti previsti per le singole procedure di affidamento di lavori, servizi
e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti e degli enti
concedenti. (…)». Ai sensi del comma 2 inoltre «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti destinano
risorse finanziarie per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti specificate nell’allegato I.10 e per le
finalità indicate al comma 5, a valere sugli stanziamenti di cui al comma 1, in misura non superiore
al 2 per cento dell’importo dei lavori, dei servizi e delle forniture, posto a base delle procedure di
affidamento. Il presente comma si applica anche agli appalti relativi a servizi o forniture nel caso in
cui è nominato il direttore dell’esecuzione. È fatta salva, ai fini dell’esclusione dall’obbligo di
destinazione delle risorse di cui al presente comma, la facoltà delle stazioni appaltanti e degli enti
concedenti di prevedere una modalità diversa di retribuzione delle funzioni tecniche svolte dai propri
dipendenti».

Con riguardo agli aspetti di interesse ai fini del parere, può osservarsi che a differenza del
previgente art. 113 del d.lgs. 50/2016 – il quale faceva espresso riferimento, ai fini della
determinazione dell’incentivo, all’importo dei lavori, servizi e forniture, “posti a base di gara” – l’art.
45 del d.lgs. 36/2023, fa ora riferimento, a tali fini, all’importo dei lavori, dei servizi e delle forniture,
posto a base “delle procedure di affidamento del contratto”.

La norma, quindi, è ora genericamente riferita a tutte le procedure di affidamento, includendo
quindi anche l’affidamento diretto, e non solo alla “gara”, intesa come procedura competitiva.
Come evidenziato nella Relazione Illustrativa del Codice, infatti, «La previsione [dell’art. 45],
sebbene semplificata rispetto alla versione precedente contenuta nell’art. 113 del d.lgs. 50/2016,
reca una disciplina non limitata alle linee generali, ma estesa a profili di dettaglio, e ciò allo scopo di
prevenire le difficoltà e le incertezze in cui incorrono le amministrazioni nella fase applicativa, anche
per i timori di responsabilità amministrativa connessa all’erogazione di incentivi non dovuti. La
finalità è quella di stimolare, attraverso la corretta erogazione degli incentivi, l’incremento delle
professionalità interne all’amministrazione e il risparmio di spesa per mancato ricorso a
professionisti esterni. Il comma 1 stabilisce che le risorse per remunerare le attività tecniche
gravano sugli stanziamenti relativi alle procedure di affidamento, estendendo la previsione alle
attività tecniche relative a tutte le procedure e non solo all’appalto. Si superano, in tal modo, le
difficoltà discendenti dalla vigente formulazione che, a parità di funzioni tecniche svolte, consentiva
l’erogazione dell’incentivo ai dipendenti solo in caso di appalti ed escludeva tutte le altre procedure
e gli affidamenti diretti. La disposizione rinvia a un allegato al codice per l’elencazione – tassativa –
delle attività tecniche da remunerare. Il comma 2 individua un limite percentuale (il due per cento)
delle risorse che, a valere sugli stanziamenti delle procedure di affidamento, possono essere
destinate alle remunerazioni delle funzioni tecniche e alle ulteriori finalità contemplate dalla
disposizione. Il limite massimo percentuale è volto ad evitare l’espansione incontrollata della spesa
in questione (sul punto cfr. Corte dei conti, sezione delle autonomie, delibera n.
6/SEZAUT/2018/QMIG). Si specifica che la disciplina si applica anche agli appalti relativi a servizi o
forniture nel caso in cui sia nominato il direttore dell’esecuzione. È, in ogni caso, fatta salva la
possibilità per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti di prevedere una modalità diversa di
remunerazione delle funzioni tecniche del proprio personale. In tal caso, l’incentivo non si applica,
escludendo qualunque sovraincentivazione».

Con l’art. 45 del Codice, quindi, al fine di superare le incertezze interpretative che hanno
caratterizzato il previgente assetto normativo di settore, in ordine al riconoscimento dell’incentivo
per funzioni tecniche (anche) nel caso di affidamento diretto di un contratto pubblico, il legislatore
ha voluto chiarire che ora l’istituto trova applicazione per tutte le procedure di affidamento, incluso
quindi l’affidamento diretto.
Possibilità questa che, nel previgente assetto normativo di settore recato dal d.lgs. 50/2016,
era stata esclusa sulla base del tenore letterale dell’art. 113 del Codice, riferito – come sopra
evidenziato – all’importo dei lavori, servizi e forniture, “posti a base di gara.
Riguardo a tale norma del previgente d.lgs. 50/2016, infatti, sia la giurisprudenza contabile
(ex multis Corte dei Conti, sez. reg. Lazio, del. 60/2022/Par e precedenti ivi richiamati) sia l’Autorità
(parere Funz Cons 28/2023), hanno evidenziato che il presupposto per il riconoscimento degli
incentivi per funzioni tecniche, tenuto conto delle previsioni dell’art. 113, comma 2, del Codice, va
individuato nell’espletamento di una procedura di gara, considerando il tenore letterale della norma
(riferita all’importo dei lavori, servizi e forniture, “posti a base di gara”). Conseguentemente, le
funzioni tecniche svolte da dipendenti in relazione ad un affidamento diretto, come nel caso dell’art.
36, comma 2, lett. a) del codice, non sono incentivabili mediante gli emolumenti premiali di cui al
comma 2 dell’art. 113 del Codice stesso. Tuttavia si è ritenuto ammissibile procedere al
riconoscimento degli stessi nei «casi in cui “per la complessità della fattispecie contrattuale
l’amministrazione, nonostante la forma semplificata dell’affidamento diretto, proceda allo
svolgimento di una procedura sostanzialmente comparativa, la quale dovrà comunque emergere nella motivazione della determinazione a contrarre, in conformità al principio di prevalenza della
sostanza sulla forma, di matrice comunitaria” (Sez. reg. Veneto, n. 121/2020/PAR)» (Corte dei conti,
sez. Toscana, del. 234/2022/Par; in termini sez. reg. Sardegna n. 96/2022/Par).

Invero, come evidenziato nella Relazione Illustrativa, con le disposizioni dell’art. 45 del d.lgs.
36/2023, riferite in generale “a tutte le procedure e non solo all’appalto”, si consente ora il
riconoscimento del compenso incentivante anche nel caso di affidamento diretto del contratto
d’appalto, per lo svolgimento delle attività tassativamente elencate all’Allegato I.10.
Pertanto, sulla base del tenore letterale della norma e della ratio della stessa, come
esplicitata nella citata Relazione illustrativa, si ritiene possibile riconoscere il compenso incentivante
al personale dell’ente, anche nel caso di affidamento diretto del contratto d’appalto, sottolineando
che ai sensi dell’art. 45, comma 2, d.lgs. 36/2023, primo periodo, l’incentivo è strettamente correlato
alle funzioni tecniche svolte dai dipendenti, come specificate nell’allegato I.10.
Infine con riguardo al quesito riferito all’art. 228 (Clausola di invarianza finanziaria) del d.lgs.
36/2023, in relazione alla disciplina sopra illustrata, si richiama preliminarmente la disposizione
citata, ai sensi della quale «1. Dall’attuazione del presente codice e dei suoi allegati non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 2. Le amministrazioni interessate
provvedono agli adempimenti previsti dal presente codice e dai suoi allegati con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».
Come evidenziato negli atti preparatori del nuovo Codice dei contratti pubblici, «lo schema di
decreto in esame è assistito da una generale clausola di invarianza, applicabile per espressa
previsione all’intero provvedimento» (dossier atto Governo n. 19 del 31.1.2023). Si tratta quindi di
una clausola riferita non specificamente alla disciplina in tema di incentivi per funzioni tecniche, ma
all’intero provvedimento normativo.

Al fine di comprendere la portata della disposizione in esame, può richiamarsi l’avviso
giurisprudenziale che, ancorché riferito ad altra norma (art. 86, comma 5, TUEL), fornisce utili
indicazioni in ordine alle previsioni contenenti clausole di neutralità finanziaria, affermando (tra
l’altro) che «si ritiene … che in assenza di un limite normativamente individuato che sostenga la
delimitazione dell’invarianza finanziaria ad uno specifico aggregato di spesa, la clausola di invarianza
finanziaria imponga alle amministrazioni, nel prevedere una maggiore o nuova spesa, di essere in
grado di far fronte a tale spesa con le risorse ordinarie già stanziate in bilancio, con la conseguenza
di assicurare un sicuro mantenimento dell’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente. (…).
Secondo l’art. 81, comma 3, della Costituzione, infatti, il legislatore può introdurre nuovi o maggiori
oneri solo indicando in modo specifico, anticipato e credibile, i mezzi per farvi fronte.                                                      Nel caso in cui il legislatore ritenga che dalla norma non debbano discendere nuovi oneri finanziari deve, dandone
adeguata dimostrazione nella relazione illustrativa che accompagna la norma, introdurre la clausola
di invarianza finanziaria, secondo cui dalla nuova disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica. Tale clausola, che, secondo quanto ribadito a più riprese dalla Corte
costituzionale, non può tradursi in una clausola di mero stile, pena l’illegittimità costituzionale della
norma stessa, impone a tutti i soggetti chiamati a darle concreta applicazione di assicurarne
l’effettiva neutralità finanziaria. Tale neutralità deve essere valutata con riferimento al bilancio
complessivo dell’ente, che, anche a seguito dell’applicazione della norma, deve restare in equilibrio»
(Corte dei Conti, sez. Autonomie, deliberazione n. 17/SEZAUT/2021/QMIG del 6.10.2021).

In sostanza, come ulteriormente chiarito dal giudice contabile (con riferimento a clausole
redatte nei termini di cui alla disposizione in esame) «disposizioni siffatte da un lato vogliono
affermare che la legge in cui sono inserite non comporta effetti finanziari di aggravio della finanza pubblica – così da adempiere il precetto di cui all’art. 81, comma 3, Cost. (“Ogni legge che importi
nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”) – dall’altro sono dirette alle
amministrazioni, cui spetta il compito di dare attuazione agli obiettivi della legislazione, affinché
provvedano con le risorse finanziarie ordinarie di cui possono disporre. Taluni arresti pretori, del
resto, hanno già avuto modo di rilevare che “Il vincolo di invarianza della spesa costituisce “l’alter
ego” dell’obbligo di copertura finanziaria codificato dall’art. 81, comma 4, della Costituzione, in
termini di identità di obiettivo perseguito, e cioè la tutela degli equilibri di finanza pubblica. (…)
L’obiettivo perseguito è identico: la tutela degli equilibri della finanza pubblica; ciò che differisce è lo
strumento utilizzato per raggiungerlo. Nel primo caso si agisce sulla necessità di “dare copertura
finanziaria” agli oneri (nuovi o maggiori, anche in termini di minori entrate) sopravvenuti per effetto
della norma; nel secondo caso si agisce sulla necessità che gli oneri, qualora sussistenti, non
abbiamo alcun impatto sugli equilibri di bilancio”.In altre parole, mentre l’art. 81 Cost. è rivolto al
legislatore nel momento in cui esercitata la piena potestà legislativa, la clausola di invarianza
finanziaria è rivolta, di regola, a enti investiti di funzioni e di poteri amministrativi (…).

In sostanza, il legislatore usa ellitticamente la frase “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica” per
significare che l’amministrazione deve provvedere attingendo alle “ordinarie” risorse finanziarie,
umane e materiali di cui può disporre a legislazione vigente. Si intende così che, nel contesto in cui
si colloca, la disposizione non preclude la spesa “nuova” solo perché non precedentemente
sostenuta o la spesa “maggiore” solo perché di importo superiore alla precedente previsione
(laddove prevista). Nel caso in esame, la decisione di spesa comporterà “oneri” nuovi e maggiori se
aggiuntivi ed esondanti rispetto alle risorse ordinarie (finanziarie, umane e materiali) che a
legislazione vigente garantiscono l’equilibrio di bilancio. In altre parole, anche le nuove spese per
interventi riconosciuti meritevoli dal legislatore sono possibili se e nei limiti in cui le risorse
finanziarie ordinarie lo consentono e cioè se non viene alterato l’equilibrio finanziario pluriennale di
parte corrente dell’ente. In questo senso si conferma che “Il criterio di invarianza degli oneri
finanziari è fissato, infatti, con riguardo agli effetti complessivi della norma e non comporta “in sé”
la preclusione di un eventuale aggravio di spesa purché tale aggravio sia “neutralizzato” nei termini
sopra precisati, “dal momento che ben potrebbe un singolo aggravio di spesa trovare
compensazione in altre disposizioni produttive di risparmi o di maggiori entrate” (cfr. ex pluribus
Corte Costituzionale sentenza n. 132/2014)” (Corte dei Conti, Sez. Contr. Basilicata, n. 39/PAR del
14 settembre 2016)» (Corte di Conti, sez. Controllo Abruzzo, del. n. 127/2017/PAR).

Per quanto sopra, quindi, in risposta al quesito posto, l’art. 228 del d.lgs. 36/2023 in relazione
alla disciplina recata dall’art. 45 del Codice, richiede che l’applicazione della norma avvenga nel
rispetto del principio di invarianza finanziaria, garantendo quindi l’equilibrio di bilancio, nel senso
indicato dal giudice contabile.
Sulla base delle considerazioni che precedono, si rimette a codesta stazione appaltante ogni
valutazione in ordine agli atti ed ai provvedimenti da adottare nella fattispecie oggetto della richiesta
di parere, sulla base dell’indirizzo generale sopra illustrato.